Sakina e Labia
Agosto 2016
Sakina e Labia, due donne della stessa eta', di villaggi vicini, con la stessa malattia, l'epilessia, entrambe cadute nel fuoco a causa di un attacco epilettico mentre scaldavano l'acqua per lavarsi; entrambe le trovo allettate, non piu' autosufficienti, entrambe, per poverta' di mezzi e per la distanza che le separa dall'ospedale, si sono affidate a cio' che per loro e' consueto, familiare e a portata di mano e cioe' alla medicina tradizionale. Eppure, nonostante le tante somiglianze, Sakina e Labia sembrano vivere su due diversi pianeti.
Lascio la capanna di Sakina promettendo di farvi ritorno poco dopo per portarla in ospedale, secondo il desiderio espresso da lei stessa e dalla sua mamma. Lasciare il tugurio in cui giace Labia invece mi costa fatica e al tempo stesso mi spinge a "... trovare rifugio..." nel pick up ; seduta al fianco di Emmanuel che, come sempre, guida in silenzio, mi perdo in cio' che mi passa davanti agli occhi... : capanne di fango e mattoni, zolle di terra rossa e dura che le zappe faticano a rompere, che si alternano
a distese di sabbia dove difficilmente cresce qualcosa... Il Malawi in agosto e' giallo e arido e a dominare il paesaggio non e' la natura rigogliosa e brillante dei mesi di pioggia bensi' il villaggio..., la vita di comunita'... : le capanne, il pozzo, il mulino, la moschea..., le enormi fascine di legna sopra le teste di donne, ragazze, bambine..., le zappe fra le mani di uomini, donne, anziani, bambini..., il mercato con i colori vivaci della plastica, delle stoffe, della frutta e della verdura..., le miriadi di bambini, adesi, i piu' piccoli alle schiene delle madri con le quali formano un unico corpo, e i piu' grandicelli, dai corpi mezzi nudi ricoperti di terra rossa, che saltano corde fatte di sacchetti di plastica annodati l'uno all'altro, sacchetti da qualcuno buttati come immondizia e da altri trasformati in strumenti di gioco e socializzazione. In uno di questi villaggi di capanne, pozzo, mulino e moschea Labia esiste..., esiste senza far rumore, nel buio di un rettangolo di terra che ha per soffitto ragnatele e paglia e per pavimento due sacchi vuoti del mais, niente finestre da cui possa entrare la luce, solo una porta di canne di bambu' separa Labia dal movimento del villaggio..., una porta a rendere marcati i confini fra esistenza e vita... A Labia e' toccata l'esistenza..., la vita e' privilegio di altri...
Stranamente non avverto i sobbalzi e le buche che lo sterrato regala..., sono mente e pensiero, piu' che il corpo, a saltare da un estremo all'altro..., a vagare senza meta come si fossero smarriti... ; intanto Sakina e la sua mamma hanno preso posto sul pick up ; un citenje ( rettangolo di stoffa che le donne indossano a mo' di pareo ) riveste Sakina nascondendone le piaghe senza procurarle troppo dolore ed un altro diventa il contenitore di tutto cio' che serve per il ricovero in ospedale : secchio, catino, piatto, scodella, pentola, farina, legna, coperta e sapone.
Labia e' gia' lontana...e anche se so ci ritornero' il giorno seguente, con il pensiero non mi sono ancora congedata da lei... Pensandola sdraiata per giorni e notti intere, da sola, al buio, in quella che invece di una casa assomiglia ad una prigione, con la polenta che arriva una volta al giorno grazie al ricordo di qualche vicino di casa e con la possibilita' forse piu' unica che rara di lavarsi, mi viene da pensare al terremoto, di cui sono stata recentemente informata, avvenuto nel centro Italia... Penso ai sopravvissuti sotto le macerie che, oltre un certo tempo, non avrebbero potuto rimanere in vita in tali condizioni... Labia non e' sotto le macerie eppure il paragone mi e' naturale... La tragedia di un terremoto, il dolore delle vittime e dei sopravvissuti non possono trovare spiegazione ma per lo meno partecipazione : tante le persone che davanti a sgomento e sofferenza si adoperano nelle maniere piu' diverse per...aiutare a rialzare..., a ricostruire..., a regalare speranza e coraggio, a testimoniare che, per quanto radicale sia il male, non e' cosi' profondo come la bonta'. Con Labia invece la tragedia e' diventata silenziosa routine che non scuote piu' nessuno, ed e' proprio questa "pacifica indifferenza", questo "tiepido che diventa normalita' " a farmi star male... Mi scorrono davanti agli occhi le immagini di qualche ora fa... : seguendo le indicazioni che mi sono state date arrivo alla capanna di Labia ma non trovando risposta al mio "odi" (permesso) sto per andarmene; a fermarmi e' una donna che avanza di corsa verso di me, dimenando un braccio come in segno di saluto e reggendo con l'altro un bimbo non piu' neonato che le sta aggrappato al seno senza alcuna intenzione di staccarsene. La donna mi incoraggia ad entrare nel cortile della capanna assicurandomi che " Labia non risponde ma c'e'..." Dopo pochi istanti quel rettangolo di terra occupato per intero dal corpo di Labia, si fa ancora piu' angusto dovendo ospitare oltre a me altre tre o quattro donne subito accorse alla novita' di una msungu ( bianca) che arriva con uno zaino di medicine... Si tratta di vicine di casa, gente del villaggio, che mi confermano cio' che i miei occhi vedono : Labia da qualche mese e' sdraiata a terra, la parte destra del corpo, non piu' funzionante, sulla quale si estende l'ustione, e' ricoperta da un groviglio nero e duro di non so che cosa, che solo in certi punti lascia intravedere carne e sangue ormai rappreso; e' questo il rimedio che la nonna di Labia sta utilizzando per i danni che il fuoco ha causato sul corpo della nipote. Labia risponde alle mie domande alternando parole di senso compiuto a frasi senza capo ne' coda, pertanto chiedo al vicinato di aiutarmi a trovare la nonna o chiunque altro abbia un qualche legame di parentela o una responsabilita' verso di lei, cosi' da capirci un po' di piu' e poter pensare insieme un modo fattibile e concreto per garantire a Labia un'assistenza dignitosa.
In attesa degli eventi esco alla luce del sole e, seduta a terra all'ombra di un mango, guardo sconsolata Emmanuel che, pur non essendo entrato, ha gia' capito tutto... Dopo quasi un'ora di attesa, riempita da andirivieni di donne che mi aggiornano sui " tira e molla" della nonna, recuperata nel campo e timorosa di incontrarmi, arriva una donna che si presenta come una cugina, seguita finalmente, dalla nonna. Rientriamo tutti, anche Emmanuel, nel buio che avvolge Labia... Mi presento e spiego il motivo della mia visita : l'infermiera dell'orfanotrofio dove sono stati lasciati i due gemellini partoriti da Labia mi ha informata delle condizioni di criticita' in cui ha trovato la madre dei piccoli e, senza alcuna pretesa di trovare o imporre soluzioni, sono qui semplicemente per proporre un'alternativa di aiuto a cio' che sino ad oggi sembra non aver dato grandi risultati..., alternativa che tuttavia esige una condivisione di compiti e responsabilita' fra noi del gruppo Tiyende Pamodzi e i famigliari di Labia. Lascio che Emmanuel traduca le mie parole dal chichewa al chiyao, sicura che sapra' aggiungere, con la pacata fermezza che lo caratterizza, i giusti commenti... Noto con piacere che tensione, timore ed imbarazzo iniziali si sono dileguati ma intuisco, senza bisogno di attendere il verbale, che la situazione famigliare e' alquanto complessa per disaccordi interni che durano da anni : una volta situazioni come questa mi avrebbero mandata in bestia rischiando cosi', con le mie reazioni impulsive mal controllate, di impedire qualsiasi possibilita' di alleanza terapeutica indispensabile per il benessere della persona malata; ora per fortuna, anche grazie all'esempio e alla presenza di Emmanuel, qualcosa ho imparato...e quindi, dopo essermi accertata che il messaggio che volevo trasmettere sia stato recepito, propongo alle donne di riunirsi con il resto dei famigliari ( e' lo zio materno a detenere autorita' e potere sulla vita di Labia) per discutere il da farsi e decidere o per l'ospedale o per le cure domiciliari ma consapevoli che in entrambi i casi il nostro ( del gruppo) sostegno e supporto ci saranno solo se da parte loro verra' garantito l'impegno quotidiano ad accudire Labia nei suoi bisogni primari; l'appuntamento per il "...verdetto..." e' per l'indomani... Saluto a malincuore Labia della quale, ora che gli occhi si sono abituati al buio, scorgo bene il volto e nel "rifugio del pick up" mi impegno mentalmente a non cedere al tranello di analizzare la situazione facendola a pezzetti, per cercare tra un pezzo e l'altro di cio' che e' accaduto chi e' il colpevole..., perche' Dio l'ha voluto..., perche' a loro e non ad altri..., con il solo risultato di separarmi dalla realta'..., di entrare in conflitto..., di praticare il giudizio... ; il tentativo invece e' quello di imparare ad ACCOGLIERE cio' che accade e credere, ancor prima di capire, che nulla e' per caso, e vedere ogni particolare nell'insieme, collegato al tutto... Una bella sfida...impossibile da portare avanti da sola ma per fortuna so che da sola non sono...ecco il perche' di questa mia condivisione : zikomo! Zikomo kwambiri! ( grazie! ).