MyriTere

 

 

Dalla Patagonia argentina, l’area più meridionale del Sudamerica, siamo salite a bordo di tre aerei diversi in direzione Mangochi, Malawi.
È la prima volta che mettiamo piede in Africa e che partiamo per un programma di volontariato.
Sono ormai passati due mesi da quando siamo arrivate alla St. John Nursery School.

 

 

 

 

 

 

 Myri bus

 

A dirla tutta, siamo partite per quest’avventura senza avere molte informazioni al riguardo. Abbiamo contato molto sull’effetto sorpresa. Le differenze tra la nostra cultura e questa realtà completamente nuova sono state molto marcate. Ogni giorno è stato ricco di sorprese e ha reso la nostra esperienza un vero e proprio esercizio di adattamento: la zona, il clima, passare così tanto tempo con i bambini in un contesto scolastico (siccome siamo insegnanti pensionate da ormai più di dieci anni)…

E la lingua! Non avevamo mai sentito nessuno parlare in chichewa prima d’ora. La prima parola che abbiamo imparato, e con la quale i bambini ancora ci identificano, è “azungu” (straniero).
Integrarci è stato un processo lento, ma continuo, tanto da parte nostra nei confronti dei bambini, che da parte dei bambini stessi.

 

 

 

 

Tere bus

 

 

Abbiamo avuto momenti di incertezza, nei quali abbiamo pensato che c’era ancora molto, forse troppo da fare e che i nostri sforzi non sarebbero stati sufficienti.
È stato allora che ci siamo rese conto: era ora di cambiare il nostro modo di vedere le cose. Era ora di iniziare a rimboccarsi le maniche, mettersi in azione ed essere parte integrante della comunità, senza pensare a dove saremmo potute arrivare o quanto saremmo riuscite a contribuire. Era ora di metterci in azione e lavorare con loro.
È stato così che abbiamo cominciato a lasciare che le cose scorressero più naturalmente. Abbiamo cambiato noi il modo di vedere le cose e le cose che vedevamo ci sono apparse in modo diverso: abbiamo cominciato a sentirci più partecipi, aiutando in qualsiasi modo potessimo aiutare.

Abbiamo percepito la cordialità di Padre Kimu fin dalla prima telefonata e abbiamo continuato a sentirci accolte durante tutta la nostra permanenza. Allo stesso modo, tutto lo staff, nessuno escluso, è sempre stato molto premuroso e ci ha fatto sentire a casa. Per tutta la durata della nostra esperienza, ci siamo sentite parte di una grande famiglia.

 

 

 

Myri bambini 

Dopo la prima settimana, quando abbiamo cominciato a integrarci e prendere parte in diversi tipi di attività, tanto in campo educativo, quanto in campo sanitario, abbiamo capito che la nostra esperienza doveva rispondere alle varie necessità della comunità e dell’Organizzazione. È così che abbiamo passato questi due mesi meravigliosi.
Abbiamo accompagnato i bambini alla fermata del bus che li passava a prendere nei vari villaggi per portarli a scuola, per poi riportarli a casa più tardi.
Abbiamo lavorato nelle cucine, dove si preparavano colazione e pranzo. Abbiamo apparecchiato i tavoli e servito i pasti.
Inoltre, lavorare in classe ha aiutato a sentirci più vicine agli studenti, abbattendo le barriere linguistiche e permettendoci di riempirci della freschezza, dell’innocenza e della spontaneità di questi gioiosi e meravigliosi bambini africani, il cui ricordo terremo sempre vicino al cuore.
Abbiamo anche collaborato nelle attività organizzate nei vari villaggi e ci siamo prese cura di neonati e donne in attesa.

 

 

 

 

 

Tere bambini

 

Conoscere da vicino l’organizzazione e lo sviluppo di questi progetti e verificarne attivamente i risultati ci ha permesso di diventare ambasciatrici per questa causa. Invitiamo le anime più solidali a unirsi per sostenere il progetto, anche solo a distanza, per far sì che ogni giorno ci siano sempre più bambini che possano avere accesso tanto all’educazione, quanto a una vita dignitosa.

Ci impegniamo, d’ora in poi, a condividere la nostra esperienza perché sempre più persone aderiscano a questa nobile causa. Non ci resta che salutare il reverendo Kimu e tutto lo staff, ringraziando la Divina Provvidenza.

 

 

 

 

MARIA TERESA VACCARO E

MYRIAM ROCCI * DIcembre 2018